Francesco Calcara —

L’arte è la cosa più bella ed inutile che esista

Nasco a Palazzo Adriano nel 1988 e cresco principalmente con due passioni: disegnare e giocare ai videogiochi. Due mondi che sembrano non poter interagire tra loro, ma che in realtà stimolarono la mia fantasia, fino a rendere necessaria la trasposizione di ciò che la mente plasmava in disegno.
La mancanza, tuttavia, di un percorso accademico mi ha spinto a sperimentare e a ricercare uno stile che fosse mio. Libero di scegliere, ora realizzo opere spaziando tra tecniche, materiali e supporti.
Vivo a Varese, lavorando come educatore nell’ambito della salute mentale e dipingo per me, prendendomi cura della mia sanità mentale e cercando di dimostrare che l’esser eumano può essere molto più che un semplice scafandro vuoto.

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Scafandri Svuotati —

Quando parli al vuoto, il vuoto ti risponde?

Il nome d’arte “Scafandri Svuotati” nasce dalla presa di coscienza che ogni essere umano privo di valori, passioni e senza brama di vivere, non sia altro che uno scafandro vuoto, un guscio abbandonato, un automa che subisce la vita invece che viverla da protagonista.
L’uomo, svuotato dalle interiorità, viene riempito da contenuti esterni e sterili.
Il rischio è di sentirsi individui originali e non esserlo affatto.
Viaggiare, conoscere sé stessi, perseguire determinati valori, suonare uno strumento così come dipingere fanno parte della ricerca di una propria autenticità.
Sulla base di questi pensieri, la ricerca di un mio stile, attraverso la sperimentazione negli anni, oscilla tra il figurativo e l'astratto, traducendosi in personaggi e scenari che svelano desideri e denunciano le dicotomie di questo mondo: pieno-vuoto, bello-orrido, ricco-povero, forte-debole, equo-ingiusto.

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